martedì 16 febbraio 2010

Energia dal vento: motori eolici verticali

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 16 febbraio 2010

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Non so se avete notato che su alcune terrazze, anche in città, stanno comparendo delle strane strutture verticali, alte pochi metri, che sembrano dei frullatori per la panna montata. Si tratta di motori eolici verticali di piccole dimensioni, domestici, capaci di fornire l’elettricità necessaria per una famiglia. Il successo dei generatori eolici di elettricità è dovuto agli incentivi statali per le fonti energetiche rinnovabili, come sono appunto i motori eolici e i pannelli solari fotovoltaici, che permettono di ottenere elettricità consumando meno petrolio, inquinando di meno e contribuendo di meno ai mutamenti climatici. Questo movimento verso l’energia del vento riguarda tutto il mondo, dai deserti della Cina, alle pianure tedesche, alle coste americane, alle colline italiane, e ha stimolato nuove ricerche e innovazioni, che spesso sono perfezionamenti di scoperte che affondano le radici in tempi e terre molto lontani.

Il vento è una delle forme di energia derivate dal Sole; la radiazione solare, infatti, scaldando in modo diverso le varie parti della Terra, provoca spostamenti di grandi masse d’aria, il vento, appunto, il cui moto sugli oceani e sulle terre emerse ha un contenuto potenziale di energia di 700.000 miliardi di chilowattore all’anno. Che la “forza” del vento potesse essere utilizzata come fonte di energia è stato scoperto da tempi antichissimi; la prima applicazione consisteva nella “raccolta” del vento mediante le vele con cui far navigare zattere e battelli; Omero nell’Odissea racconta che il dio Eolo aveva regalato ad Ulisse un otre pieno di vento da usare per tornare a casa a Itaca; quando gli sprovveduti compagni di Ulisse aprono l’otre, il vento si scatena e spinge la nave di nuovo in mare aperto verso nuove sventure.

Erone, un fisico e inventore vissuto ad Alessandria intorno al primo secolo dell’era cristiana, aveva disegnato e forse costruito un ingegnoso organo meccanico che suonava azionato dal vento, ma per trovare delle “macchine” utili bisogna aspettare altri otto secoli, fino a quando furono costruiti i primi motori a vento in Asia, al confine fra gli attuali Iran e Afghanistan; si trattava di motori con un asse verticale tenuto in rotazione mediante delle specie di “vele” verticali unite all’asse. La rotazione dell’asse veniva trasferita ad ingranaggi che permettevano di sollevare l’acqua dai pozzi o di macinare cereali. Simili motori eolici ad asse verticale appaiono anche, quasi contemporaneamente, intorno al 1200 da una parte nel Mediterraneo e dall’altra in Cina, non si sa bene se come risultato di conoscenze trasferite attraverso l’Asia dai viaggiatori medievali o come scoperte indipendenti.

Ancora intorno al 1200 appaiono in Europa i motori eolici con pale rotanti intorno ad un asse orizzontale, per lo più per azionare mulini; ne restano esempi in molti paesaggi europei, dall’Olanda, alla Spagna --- i famosi mulini a vento contro cui si accaniva il povero Don Chisciotte --- all’Italia. Da allora i motori eolici si sono sviluppati e perfezionati col sistema a pale e eliche rotanti con asse orizzontale, fino ad arrivare ai grandi motori eolici attuali.

I motori eolici ad asse verticale sono rimasti abbastanza dimenticati fino a quando, nell’Ottocento, il fisico tedesco Heinrich Magnus (1802-1870) ha osservato che il flusso dell’aria intorno ad un corpo provoca lo spostamento e la rotazione di tale corpo; è lo stesso effetto per cui un calciatore che colpisce il pallone “di taglio” gli imprime una rotazione che provoca la curvatura della sua traiettoria. Negli anni trenta del Novecento l’ingegnere aeronautico e inventore tedesco Anton Flettner (1885-1961) ha addirittura costruito una nave che si muoveva azionata da un cilindro verticale che veniva tenuto in rotazione dal vento.

Un passo avanti importante è stato fatto nel 1922 dall’inventore finlandese Sigurt Savonius (1884-1931) che ha costruito un motore eolico costituito da due pale semicilindriche, unite in modo da formare una “esse”, saldate ad un asse verticale, un dispositivo di grande semplicità che si mette in moto anche con vento poco veloce. Il passo successivo fu fatto nel 1927 dal francese Georges Darrieus (1888-1979) che brevettò un altro motore eolico ad asse verticale in cui la parte rotante è costituita da sottili fogli metallici ripiegati a semicerchio intorno all’asse rotante, proprio come i frullini da panna di cui si parlava prima.

In anni recenti un ingegnere russo, emigrato negli Stati Uniti, Alexander Gorlov, ha applicato lo stesso principio dei motori Darrieus ad una turbina sottomarina azionata dal moto delle onde o delle maree. I motori a vento verticali si mettono in rotazione quando la velocità del vento supera i dieci chilometri all’ora, raggiungono la massima potenza quando il vento ha una velocità di circa 40 chilometri all’ora e devono fermarsi, per ragioni di stabilità, quando il vento supera i 70 chilometri all’ora. Varie società italiane e straniere sono impegnate nella costruzione di motori eolici ad asse verticale che possono anche essere di piccole dimensioni, adatte per una famiglia, che sono eleganti, silenziosi e hanno un rendimento, a parità di intensità del vento, molto superiore a quella dei motori ad elica ad asse orizzontale.

Un motore eolico verticale, collegato ad una dinamo, sollevato da terra di alcuni metri, in condizioni di vento favorevoli può fornire ad una famiglia una frazione apprezzabile dell’elettricità necessaria. I motori eolici verticali si presentano con diverse soluzioni meccaniche e sono suscettibili di perfezionamenti ulteriori, possono essere fabbricati con tecnologie relativamente semplici, in qualche caso adatte ai paesi in via di sviluppo dove mancano altre fonti di energia. Chi sa che qualche giovane lettore non si senta stimolato ad approfondire il problema e magari a mettersi a costruire dei motori a vento verticali di nuova concezione; la sfida è aperta.

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