mercoledì 2 giugno 2010

La nascita dell'industria chimica in Italia

2011 Anno Internazionale della Chimica

l'Unità, 26 agosto 1987
anche in: G. Nebbia, "Ambientiamoci. Racconti di ecologia", Milano, StampaAlternativa, 2011, p. 140-145

La ditta Bossi

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

L'industria chimica italiana è nata alla fine dell'anno 1800 a Milano, in pieno centro, più o meno all'angolo fra Via Carducci e la strada che unisce via Carducci con Corso Magenta. L'interessante storia è stata raccontata molti anni fa da Valerio Broglia, professore di chimica e storico appassionato, purtroppo scomparso, in due articoli dimenticati e merita di essere dissepolta dall'oblio.

Alla fine del 1700 una fiorente industria chimica esisteva già in Inghilterra, Francia, Germania. Il processo di produzione dell'acido solforico dallo zolfo e dal salnitro era stato applicato su scala industriale intorno al 1750 in Inghilterra e ben presto erano sorte fabbriche simili in altri paesi europei.

L'acido solforico era la materia essenziale per la produzione delle altre merci chimiche importanti. Trattando con acido solforico il sale era possibile ottenere il solfato sodico e l'acido cloridrico. Dal solfato sodico, per reazione con la calce (idrato di calcio), si otteneva l'idrato sodico. Ossidando l'acido cloridrico si otteneva cloro. Questi prodotti erano richiesti dall'industria tessile e della carta, per il trattamento dei metalli, per la fabbricazione del vetro e del sapone.

Nel 1781 gli industriali inglesi avevano ottenuto l'abolizione dell'imposta sul sale, una pratica fiscale che poteva avere senso in una società agricola e arretrata, ma che ostacolava l'industria chimica che aveva bisogno del sale a basso prezzo come materia prima. Negli altri paesi europei l'imposta sul sale fu abolita poco dopo.

In questo fervore produttivo internazionale l'Italia doveva acquistare all'estero i prodotti chimici di cui aveva bisogno e cio' spinse un certo Francesco Bossi a chiedere al governo, nel maggio 1799, l'autorizzazione ad installare una fabbrica di acido solforico e di altri prodotti chimici. In quell'anno Milano e la Lombardia, dopo una temporanea occupazione da parte di Napoleone, erano stati restituiti all'impero austriaco che li occupava dal 1748.

Il procedimento proposto dal Bossi consisteva nel bruciare, in un apposito fornello, una miscela di zolfo e salnitro: i gas sviluppati dalla combustione venivano portati a contatto con acqua in una "camera" di piombo. In un documento del 13 maggio 1800 Bossi descrisse il processo chiedendo anche un monopolio per venti anni per i prodotti ottenuti.

La richiesta fu esaminata dal padre Ermenegildo Pini, regio delegato alle miniere, che espresse un parere favorevole in data 30 maggio 1800. Pochi giorni dopo, il 14 giugno, in seguito alla battaglia di Marengo, al governo austriaco successe la Repubblica Italiana.

La pratica ando' avanti col nuovo governo che nominò come perito Antonio Porati; questi riferì di aver visitato il laboratorio di Bossi e di averlo trovato conforme a quanto descritto "nelle più recenti opere di chimica". Il vicepresidente della Repubblica italiana rifiutò però a Bossi il monopolio richiesto, probabilmente per non danneggiare gli interessi dell'industria francese. Bossi allora chiese un dazio doganale sull'acido solforico importato dalla Francia e un prestito; non ottenne ne' l'uno ne' l'altro, ma solo la concessione dell'uso gratuito di alcuni locali dell'ex-convento di San Girolamo, confiscato dallo stato repubblicano e adibito a caserma e ad abitazione.

Questo convento di San Girolamo si trovava nei pressi della porta Vercellina --- l'attuale incrocio fra Corso Magenta e Via Carducci --- lungo il naviglio oggi coperto e dava il nome all'attuale via Carducci. Prima dell'ingresso dei francesi l'edificio era stato un collegio o un seminario dei gesuiti ed è stato distrutto all'inizio del 1900. In San Girolamo, quindi, si può dire che sia nata la prima industria chimica italiana.

Oltre all'acido solforico Bossi produceva anche acido cloridrico, acido nitrico, cloruro di ammonio, solfati di sodio, di potassio, di magnesio e di rame. L'acido nitrico era fra l'altro usato per la preparazione delle lastre per la stampa delle monete da parte della Zecca. Ben presto la fabbrica fece sentire la sua presenza con la produzione di fumi e miasmi che provocarono la protesta dei coinquilini e dei gendarmi, ospitati nello stesso convento. E' il primo caso di protesta popolare e di lotta contro l'inquinamento industriale.

Il 13 giugno 1802 fu emessa un'ordinanza che obbligava Bossi a smettere subito la produzione. Bossi cercò di opporsi accusando i concorrenti e gli importatori di acido di aver sobillato la protesta contro di lui. Ancora più arrabbiati, gli abitanti dell'edificio di San Girolamo ricorsero, il 16 giugno 1802, alla Commissione Sanità del Dipartimento dell'Olona (la struttura amministrativa che comprendeva Milano e provincia), qualcosa come l'assessorato regionale alla Sanità. La Commissione fece fare subito un sopralluogo e il 18 giugno 1802 --- a giudicare dalle date i procedimenti amministrativi in difesa della salute pubblica erano più rapidi che adesso --- diede al Bossi tre giorni di tempo per murare le finestre verso il cortile "onde togliere ogni comunicazione degli effluvi solforici col caseggiato".

I guai non erano finiti. Il 10 luglio Bossi e un suo operaio furono "mezzi abbrucciati" dall'acido solforico; i due malcapitati con i vestiti in fiamme si gettarono in un sarcofago di pietra pieno d'acqua e il Bossi dovette stare tre mesi in ospedale.

L'inquinamento e la puzza continuarono fra le proteste dei soldati e dei coinquilini. Nel novembre dello stesso sfortunato anno 1802 il povero Bossi, pieno di debiti, dovette cedere la sua quota nell'impresa al socio Diotto e a un certo Fornara, una specie di impiantista che aveva costruito le apparecchiature. I tre soci litigarono per qualche tempo e Bossi uscì
definitivamente di scena proprio nel momento in cui, nonostante l'inquinamento, gli affari cominciavano ad andare meglio.

La produzione della nuova ditta continuò nei locali di San Girolamo, ma l'inquinamento e le nocività continuarono a destare le continue proteste dei gendarmi e del vicinato.

C'e' un vuoto nei documenti dell'archivio studiato dal prof. Broglia. Risulta però che nel 1807 il prefetto del Dipartimento dell'Olona (la Repubblica italiana si era nel frattempo trasformata in Regno Italico) fece compiere un ennesimo sopralluogo nella fabbrica di acido solforico, ora della ditta Fornara & C.; ancora una volta venne costatata la nocività delle esalazioni gassose irritanti e il Prefetto ordinò il definitivo trasferimento della fabbrica.

Dapprima venne proposto il convento sconsacrato dei Cappuccini (dove più tardi venne installata un'altra fabbrica di acido solforico), ma poi nel 1808, dopo lunghe discussioni, la fabbrica Fornara si trasferì in San Vincenzo in Prato, altra chiesa sconsacrata dalle parti di
Porta Genova, che sorgeva appunto in mezzo ai prati, abbastanza isolata.

Qui la produzione di acido solforico e derivati riprese nella primavera del 1809, sollevando altre proteste dei vicini tantro che la chiesa sconsacrata fu chiamata "casa del Mago". Ma ci fu anche allora un perito compiacente, ancora quel Porati che abbiamo incontrato all'inizio, pronto a testimoniare che non c'era nessun posto migliore per una fabbrica di acido solforico. Se può esserci qualche disturbo per le persone che devono respirare i vapori di acido da vicino --- al più, tanto, si tratta degli operai --- questi vapori anzi "diventano salubri quando si dilatano e si allontanano dalla loro sorgente". Il mondo non cambia mai.

Questa pagina della storia minore --- ma la storia del lavoro e dell'industria è proprio "minore" ? --- di Milano meriterebbe di essere più conosciuta. Chi sa che qualcuno non voglia ricordare con una lapide i luoghi in cui è nata l'industria chimica e si sono sperimentate le prime contraddizioni fra produzione di merci e salute dei lavoratori e dei cittadini.

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