venerdì 27 maggio 2011

Plutonio

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 5 aprile 2011

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

L’incidente al reattore nucleare di Fukushima (11 marzo 2011) ha portato alla ribalta un altro ingrediente dei reattori nucleari, il MOX, acronimo inglese per indicare gli “ossidi misti di uranio e plutonio”, usati al posto dell’uranio arricchito come “combustibile”. L’attenzione è stata così richiamata ancora una volta su questo elemento, il plutonio, più volte citato in passato, associato alle bombe atomiche. Il plutonio è stato scoperto in una breve straordinaria stagione della fisica. Negli Stati Uniti nell’Università della California era stato costruito un ciclotrone, un potente strumento capace di lanciare particelle nucleari elettricamente cariche contro i vari elementi; Fermi e i suoi collaboratori conducevano simili esprimenti usando i neutroni, particelle prive di carica elettrica, la via che avrebbe portato alla scoperta della fissione dell’uranio.

Durante il bombardamento dell’uranio con nuclei di deuterio, l’idrogeno pesante, costituito da un protone e un neutrone, i chimici Edwin McMillan (1907-1991) e Glenn Seaborg (1912-1999), entrambi premi Nobel, osservarono che l’uranio si trasformava dapprima in nettunio-239, il quale a sua volta si trasformava in plutonio-239. Questo avveniva nel 1940; appena un anno prima era stato scoperto che dalla fissione dell’uranio avrebbero potuto liberarsi grandissime quantità di energia, utilizzabile a fini militari, la guerra era in pieno svolgimento in Europa e il presidente degli Stati Uniti, nel timore che i tedeschi potessero costruire “una bomba” basata sulle forze liberate dal nucleo atomico, aveva dato ordine di condurre ricerche segrete su tutti gli elementi che potessero subire fissione.

Una fissione controllata dell’uranio era stata osservata da Fermi a Chicago il 2 dicembre 1941; anche il plutonio si era dimostrato un elemento fissile e nacque così un’industria per la produzione di uranio-235 (l’isotopo “fissile” presente in ragione di soltanto lo 0,7 percento nell’uranio naturale) e di plutonio-239 che sarebbero stati utilizzati nelle bombe atomiche del 1945 di Alamagordo (plutonio), di Hiroshima (uranio) e di Nagasaki (plutonio). Con la fine della guerra contro la Germania e il Giappone è cominciata la lunga guerra fredda fra Stati Uniti e Unione Sovietica che hanno cercato di rincorrere i rispettivi antagonisti costruendo bombe atomiche sempre più potenti; l’uranio e il plutonio sono diventati “merci” sempre più richieste. Nel frattempo le conoscenze disponibili sono state messe al servizio anche della produzione commerciale di elettricità nelle centrali nucleari basate sulla fissione dell’uranio “arricchito”, cioè contenente il 3-4 percento di uranio-235.
Il combustibile “irraggiato”, estratto dopo uno o due anni di permanenza nei reattori nucleari, contiene ancora gran parte dell’uranio-238, circa il 3 percento dei prodotti di fissione, scorie radioattive formatesi dalla frantumazione dell’uranio-235, e contiene anche circa uno percento di plutonio che può essere recuperato con complesse reazioni chimiche. Con la distensione internazionale, è diminuita la richiesta del plutonio a fini militari e anzi sono diventate disponibili grandi quantità di plutonio recuperato dallo smantellamento delle bombe nucleari. L’industria nucleare ha così pensato di usare il plutonio, miscelato con uranio, nelle centrali nucleari commerciali sotto forma di ossidi misti MOX. Ne veniva un duplice “vantaggio”, si fa per dire: si usava a fini commerciali una materia non più “utile” come minaccia di morte, e nello stesso tempo si poteva usare, miscelato con il plutonio, uranio naturale evitando i costosi processi di arricchimento.

E così, senza tanto chiasso, hanno cominciato a diffondersi dei reattori commerciali alimentati a ossidi misti, con un grave inconveniente: il plutonio-239 è una sostanza altamente tossica che resta radioattiva per oltre duecentomila anni; piccolissime quantità di polvere di plutonio, se finiscono nel corpo umano provocano rapidamente tumori; tutte le operazioni di separazione, recupero, trasferimento e manipolazione del plutonio sono altamente pericolose per i lavoratori e per l’ambiente, le fabbriche di plutonio sono state investite da incidenti mortali. Inoltre un incidente grave ad una centrale, come quello avvenuto a Fukushima, dove si usavano MOX, provoca una fuga di plutonio che arreca danni ai lavoratori, alla popolazione circostante e all’ambiente. Purtroppo è previsto che anche le centrali nucleari francesi EPR che il governo italiano vorrebbe comprare, funzionino con MOX, il che significherebbe la circolazione di altro plutonio, in Italia, oltre a quello che già si trova nelle scorie esistenti, alcune delle quali proprio in Basilicata. Anche per questo vanno fermati i programmi delle centrali nucleari nel nostro paese.

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