La Gazzetta del Mezzogiorno, 20 luglio 2004
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
A molti dei lettori di oggi il nome di Robert Jungk forse dice
poco, benché si sia trattato di uno scrittore le cui opere hanno avuto un
successo e un effetto grandissimi. Jungk era nato nel 1913 in Austria e aveva
iniziato una fortunata carriera di giornalista; dopo l'occupazione nazista
dell'Austria era dovuto fuggire in Svizzera dove aveva continuato a scrivere
contro il nazismo passando un periodo anche in un campo di internamento
svizzero. In questi anni ha potuto analizzare a fondo il destino e il futuro
dell'umanità in un mondo dilaniato da stermini, massacri, dalla bomba atomica,
dalla contrapposizione fra popoli e paesi.
Il suo primo libro di
successo, "Il futuro è già cominciato", del 1952, tradotto in
italiano da Einaudi, lo fece conoscere in tutto il mondo e fu dedicato alla
descrizione dei possibili futuri condizionati dalle nuove tecnologie, prima di
tutto quelle nucleari, e alla propaganda della necessità di far prevalere la
pace sugli egoismi, pena la distruzione e la contaminazione planetaria. In
questo Jungk anticipava i temi che si sarebbero chiamati "ecologici".
Il libro successivo, del 1956, a mio parere il più bello, pubblicato in
italiano col titolo: "Gli apprendisti stregoni", descrive le contraddizioni
e i dilemmi, le viltà e il coraggio degli studiosi che hanno trasformato il
progresso della conoscenza della natura, nell'arma di sterminio di massa per
eccellenza, la bomba atomica, la grande fonte di devastazione e alterazione
dell'ambiente.
La storia degli scienziati
atomici, è il sottotitolo del libro, mostra come la volontà di conoscenza possa
essere asservita alla volontà di potere e come ben pochi scienziati abbiano
avuto il coraggio di dire "no" alla costruzione di un'arma che ha
condizionato e condizionerà la vita di miliardi di persone. Sarà vero che la
costruzione e l'uso della bomba atomica hanno accelerato la fine della seconda
guerra mondiale, sarà vero che la sfrenata concorrenza nucleare fra Stati uniti
e Unione sovietica ha di fatto impedito, per un intero mezzo secolo, una terza
guerra mondiale, sarà vero che "la scienza" troverà una qualche
soluzione per la sistemazione delle code avvelenate della grande macchina
militare-industriale, dalle scorie radioattive all'uranio impoverito, nuova forma
di avvelenamento e morte di civili e militari.
Ma la storia degli scienziati
atomici insegna chiaramente che bisogna sempre chiedersi quanto c'è di morale
nelle decisioni che uno studioso, un amministratore, un soldato, un
imprenditore, un lavoratore, decidono di, o sono costretti a, prendere.
Nel filone di questo invito a
interrogarsi sulle conseguenze morali del "progresso" rientra un
altro libro di Robert Jungk, "Lo stato atomico", scritto con grande
passione per indicare le conseguenze politiche e ecologiche della diffusione
delle centrali nucleari. Inevitabilmente un paese che affronta l'avventura
nucleare, sia militare sia nella costruzione dei reattori commerciali, deve
avere un governo autoritario, deve sottostare a rigide regole di segreti. Il
libro apparve nel 1977, quando tanti governanti, anche in Italia, sostenevano
che il futuro energetico richiedeva la moltiplicazione delle centrali nucleari,
quando in Europa esistevano depositi di armi e sottomarini e basi nucleari.
Conobbi Jungk a Salisburgo nel maggio dello stesso 1977 durante una
manifestazione contro una grande conferenza internazionale a favore
dell'energia nucleare. In una piccola pattuglia, con alla testa Jungk, avevamo
organizzato una protesta e un picchettaggio all'entrata dei delegati ufficiali
alla conferenza; la polizia austriaca ci fermò per identificarci, ma Jungk, che
a Salisburgo era una autorità, ottenne che fossimo tutti rilasciati.
Gli anni settanta del
Novecento furono quelli della crisi energetica, seguiti dalle guerre per la conquista
delle materie prime e sempre di più c'era bisogno di una voce alta che parlasse
di pace e di disarmo. Proprio in questo periodo tempestoso, nel 1983, Jungk
pubblicò il libro: "L'onda pacifista", tradotto da Garzanti. Jungk
voleva completare il suo contributo alla diffusione di una cultura della pace
con un libro sull'energia solare che egli riconosceva giustamente come l'unica
fonte di energia che avrebbe potuto fermare i conflitti in corso, il degrado
ambientale che già si manifestava con i cambiamenti climatici provocati dal
crescente uso del carbone e delle altre fonti energetiche fossili. Parlò di
questo suo progetto durante una conferenza sull'energia solare a Dobbiaco nel
1989; ormai era malato --- è morto il 14 luglio 1994 --- e il libro non fu mai
finito.
Jungk ha voluto legare alla
città di Salisburgo la sua biblioteca e l'archivio dei manoscritti e dei
documenti raccolti nella sua lunga vita di lavoro, di insegnamento e di
passione civile, di persona attenta al futuro, instancabile nel parlare dei
pericoli provocati dalla miopia e dall'arroganza del potere e nel diffondere un
messaggio di speranza e di coraggio.
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